documento segreteria nazionale Uil Scuola

Al di là dell’errore, che l’Invalsi ha provveduto a correggere e che in alcuni istituti ha provocato un aggravio di lavoro ma che non mette in discussione la regolarità degli esami, la valutazione che la segreteria della Uil scuola riunita oggi ha fatto, è legata al modo con cui si è deciso di procedere per la correzione delle prove.
L’aspetto della correzione dei test Invalsi ha, infatti, portato moltissimi insegnanti a stare a scuola – indipendentemente dalla “questione errore” – per quasi 12, 13 ore consecutive.
E’ questo il risultato della distanza tra chi imposta, decide le procedure dei test e quanti, in concreto gli insegnanti, debbono poi metterle in pratica. Ciò a cui abbiamo assistito e ciò che intendiamo rappresentare è il disagio degli insegnanti che si sono trovati di fronte ad un sistema, calato dall’alto che ha richiesto ore e ore di adempimenti burocratici
Siamo di nuovo di fronte ad un sistema – sottolinea la segreteria Uil Scuola – costruito seguendo una logica tutta burocratica: il Miur invece di costruire un intreccio forte tra scuole e Invalsi, creando occasioni di scambio e partecipazione nella fase di predisposizione delle griglie di correzione, in modo da unire l’esperienza dei docenti alle peculiarità dei test dell’istituto di valutazione, si è limitato ad inviare circolari.
Già nei mesi scorsi la Uil Scuola aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di un incontro ‘triangolare’ Miur – sindacati – Invalsi per analizzare gli elementi di criticità, fare tesoro delle esperienze maturate in questi anni, dare voce agli insegnanti e individuare procedure snelle.
Invece il Miur si è mosso come una macchina esclusivamente burocratica e sono venute meno tutte quelle azioni di coinvolgimento degli insegnanti, di supporto e sostegno al loro lavoro.
Quel che è negativo dunque è l’insieme delle cose che sono accadute:
– mancato coinvolgimento degli insegnanti
– nessun confronto preventivo con il sindacato
– nessun riconoscimento dell’impegno professionale.
La gestione concreta di quel che rappresenta una innovazione, l’introduzione dei test di valutazione degli apprendimenti, è stata oggetto di forti critiche da parte degli insegnanti.
Va ricordato che la retribuzione di un docente è di circa 50€ netti al giorno. Cifra ben lontana dal lavoro di un professionista.
All’errore si aggiunge il paradosso: l’Italia per le prove di valutazione spende 1/5 di quel che investono gli altri paesi europei. Così mentre erano in corso i test, i precari dell’istituto protestavano perché preoccupati del loro futuro dopo il taglio dei finanziamenti.
E’ difficile credere che l’innovazione possa procedere con meno soldi e nessun coinvolgimento.

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